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Cranio di 12.000 anni svela pratica intenzionale di deformazione
Unifi: 'E' la più antica evidenza europea'
Tatuaggi, piercing o anche deformazioni del cranio sono fra le manifestazioni culturali della specie umana legate alle modificazioni del corpo. Un nuovo studio, pubblicato su Scientific Reports e guidato da ricercatori del dipartimento di biologia dell'Università di Firenze, documenta ora la più antica evidenza di modificazione intenzionale del cranio mai rinvenuta in Europa. Protagonista della scoperta un reperto conservato nel Museo di Antropologia ed etnologia dell'Ateneo fiorentino, Arene Candide 12 (AC12), cranio di uno degli ultimi cacciatori-raccoglitori preistorici vissuto alla fine dell'Era Glaciale, tra 12.600-12.200 anni fa, sepolto nella grotta delle Arene Candide in Liguria. "Grazie all'utilizzo di moderne tecniche di antropologia virtuale e ad analisi di morfometria geometrica - spiega Tommaso Mori, assegnista di ricerca Unifi e primo autore dell'articolo - abbiamo dimostrato che la forma allungata del cranio di AC12 non era dovuta a malattie né a deformazioni accidentali ma era il risultato di una pratica culturale intenzionale, ottenuta probabilmente tramite fasciature applicate al cranio dell'individuo fin dai primi mesi di vita". La ricerca - condotta insieme a centri di ricerca, istituti ospedalieri e Atenei, fra cui quello di Cagliari, e finanziata dal Mur nel quadro del Pnrr e dalla Regione Toscana - anticipa di millenni le evidenze europee attualmente note di deformazione cranica artificiale, documentate soprattutto dal Neolitico e in epoche storiche, e colloca le origini di questa pratica in Europa già alla fine del Paleolitico Superiore, in parallelo con esempi di analoga datazione ritrovati in Asia e in Australia. "Si tratta di una pratica che richiede tempo e cura - afferma Irene Dori, ricercatrice Unifi e vincitrice del programma di ricerca Young Researchers Msca - e che viene imposta a un individuo nei primi mesi di vita, rendendola un segno permanente e visibile di identità attribuita sin dalla nascita, e trasmessa di generazione in generazione come valore culturale". Per Dori sarebbe una forma di differenziazione legata "al sesso, all'età o alle abilità individuali, più che a strutture sociali di potere. Il fatto che la modifica del cranio sia stata osservata solo su un individuo, a fronte di altri cinque crani completi trovati nel sito, suggerisce in ogni caso che si trattasse di un marcatore identitario esclusivo destinato a pochi individui". "La ricerca sottolinea l'importanza e la ricchezza delle collezioni antropologiche del Sistema museale dell'Ateneo fiorentino - conclude Jacopo Moggi Cecchi, docente di antropologia - che una volta di più si rivelano come una fonte inesauribile di conoscenze".
E.Raimundo--PC
