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Il tre volte Oscar: "Dopo otto anni sul set grazie a mio figlio"
(di Francesco Gallo) Nell'incontro con Daniel Day-Lewis e il figlio Ronan alla fine più che le parole conta un solo, semplice gesto, quello dell'attore inglese tre volte premio Oscar che alla domanda sui motivi che lo hanno tenuto otto lunghi anni lontano dai set, indica il figlio Ronan con un grande sorriso. È stato infatti lui, pittore al suo esordio alla regia, ad averlo coinvolto anche come sceneggiatore in 'Anemone', presentato oggi ad Alice nella Città e nelle sale dal 6 novembre con Universal. Di scena due fratelli separati con una guerra alle spalle, che cercano di districare i loro legami complessi. Si tratta di Ray (Day-Lewis) e Jem (Sean Bean) Stoker, separati per vent'anni. Il primo vive un'esistenza di auto-esilio, mentre Jem ha trovato rifugio nella fede, nella compagna Nessa (Samantha Morton) e nel loro figlio Brian (Samuel Bottomley). Entrambi sono stati coinvolti nel conflitto militare nord-irlandese, i Troubles, che li ha segnati in modi diversi. "Già da quando era bambino io e Ronan creavamo cose insieme e questo film è solo un'estensione di quello che succedeva allora" dice Daniel Day-Lewis. Perché sparire per otto anni? "Se fossi stato in grado di prendermi del tempo lontano dal lavoro, quel tempo mi avrebbe nutrito in modo tale da non doverlo abbandonare, ma non ce l'ho fatta. Non mi piacevano alcuni aspetti pubblici del lavoro, un certo esibizionismo, ma non c'è un interruttore per spegnere tutto questo. Insomma non mi sentivo mai a mio agio alle feste e in mezzo alla folla, non mi piaceva il fatto che quando uscivo le persone iniziavano a seguirmi... e così ho detto basta". Dirigere un padre così ingombrante? "È stato facilissimo - spiega Ronan - in parte per la familiarità innata che ovviamente avevamo, ma anche perché abbiamo scritto la sceneggiatura insieme". Ma un padre ingombrante lo ha avuto anche lo stesso Daniel, Cecil Day-Lewis, importante poeta e scrittore britannico mentre la madre era Jill Balcon, attrice e figlia del produttore cinematografico Sir Michael Balcon, una figura chiave del cinema inglese del XX secolo. "Mio padre è rimasto un mistero per me, anche perché l'ho perso quando avevo solo quattordici anni. Era molto egocentrico e tutta la casa era organizzata intorno alle sue esigenze di scrittore e quindi ci muovevamo tutti in punta di piedi. Era però anche molto comprensivo, gentile, credo di non aver mai avuto una conversazione con lui, tranne quando mi sono messo nei guai. E mi ci sono messo spesso forse perché in qualche modo era l'unico modo per parlargli. Ma per quanto riguarda l'influenza culturale - continua l'attore - sono molto grato ai miei genitori, entrambi custodi, protettori e amanti della lingua inglese. Sono cresciuto in una casa piena di libri e non vedevo l'ora di andarmene da lì perché la strada era in qualche modo più interessante per me all'epoca, eravamo troppo immersi nella tradizione, e questa è stata sicuramente una parte importante della mia vita". Infine a chi gli chiede della situazione a Gaza, Daniel Day-Lewis risponde: "Non è una questione che si può liquidare in due parole, posso solo dire che sono due popoli mal rappresentati".
F.Cardoso--PC