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Adele Fendi e quell'avventura creativa nata 100 anni fa
La nipote racconta una storia di libertà e intraprendenza
(di Laura Valentini) MARIA TERESA VENTURINI FENDI, 'ADELE F'. (SALANI EDITORE, PP 208, 18 euro). Adele ragazza che corre svelta sotto il cielo romano nella sua redingote, per le strade più belle del centro dove sosta spesso di fronte alle vetrine eleganti perché è affascinata dalle cose belle: ha già l'istinto per la qualità estetica Adele Casagrande, nata alla fine dell'800, e precisamente nel 1897, che proietterà il suo cognome da sposata, Fendi, fino ad oltre un secolo dopo. Nel centenario della maison, la storia della fondatrice nata nel 1925 è raccontata da una nipote, Maria Teresa Venturini Fendi, in 'Adele F.'. Il ritratto di sua nonna (l'autrice è figlia di Anna, una delle cinque sorelle Fendi) tracciato sul filo della memoria, delinea una donna intraprendente e visionaria, fuori dagli schemi dell'epoca, ma ripercorre anche un'avventura creativa, artigianale e imprenditoriale unica nel suo genere che porterà il nome Fendi a conquistare le vette dell'alta moda internazionale. Gli anni della prima guerra mondiale, Adele li trascorre a Firenze dove decide di recarsi presso certi parenti 'ricchi' per imparare un mestiere: è una città di artigiani dal grande talento e a lei, come scrive l'autrice, "la bellezza è necessaria. Indispensabile". Lo zio possiede un negozio di accessori nelle vie eleganti e una fabbrica di ombrelli. Adele insiste per lavorare nell'attività di famiglia dove si occupa un po' di tutto, tiene i rapporti con i fornitori, vede, osserva e si prepara a replicare. Torna a Roma dove a darle manforte per iniziare un'attività tutta sua c'è un fornitore di borse che sarà risarcito in anticipo e fino all'ultima lira: nasce nel 1920 un piccolo negozio che Adele apre con suo fratello Alessandro a via del Corso. All'interno portaoggetti, piccoli accessori in pelle e in seguito le borse a sacchetto di perline adatte a chi indossa abiti da sera decostruiti per ballare il fox trot. Poi l'incontro con Eduardo Fendi: lei non ha fretta di sposarsi, ma insieme aprono nel 1925 il primo negozio Fendi in via del Plebiscito, "in quel quartiere del centro, tra largo Argentina e piazza Venezia, che lei ama tanto. Adele ne è l'anima" annota la nipote. Arrivano le pellicce in gran voga sopra gli abiti da sera e poi le borse, per cui Adele contatta i migliori artigiani di Firenze ma non è paga: convince un maestro sellaio che lavora in Piazza di Spagna a farle il prototipo di una borsa cucita a mano, in cuoio romano. Nasce una piccola linea esclusiva per lei che qualche anno dopo si sposa con Eduardo, quindi la coppia si trasferisce in via Piave in un'abitazione al piano sovrastante quello del negozio e adiacente al laboratorio di pellicceria, che ormai è in proprio. Sotto c'è il reparto valigeria tra i cui clienti figurano anche i rappresentanti della vicina ambasciata dell'Urss. Adele dirige con mano ferma la piccola truppa di artigiani in camice bianco, ossessionata dai dettagli e dall'ordine. Non più signora Adele, ma 'signora Fendi' per tutti. Arriva la seconda guerra: e qui c'è un ricordo di famiglia molto personale, con Adele che di fronte alla vergogna delle leggi razziali "non esitò a far dormire in casa l'ebreo e medico di famiglia dottor Castelfranchi" che le figlie scorgevano dileguarsi all'alba. Nei ricordi della nipote famiglia e lavoro si fondono: "Sempre curata nell'aspetto, non l'ho mai vista con un filo di trucco, né con un'ombra di rossetto. Portava i capelli tutti bianchi, argentati come spessi fili di antimonio, aderenti alle tempie e rigorosamente raccolti in alto". Poi gli anni '60, i cambiamenti della società, gli altri investimenti e la nuova sede del gruppo che Adele lascia progressivamente nelle mani delle figlie, per proseguire un percorso di lavoro al femminile che sarà parte di una stagione luminosa del made in Italy.
V.Dantas--PC